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Giuditta che decapita Oloferne di Artemisia Gentileschi

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Artemisia Gentileschi è una delle pittrici italiane più conosciute ed apprezzate del XVII secolo, che seguì la scuola caravaggesca. In quell’epoca, in cui non era facile per una donna affermarsi come pittrice, Artemisia fu la prima donna ad entrare a far parte dell’Accademia di Arti e Disegno di Firenze.

Figlia di Orazio Gentileschi, pittore di scuola caravaggesca, Artemisia si trasferì a Firenze per fuggire dallo scandalo in cui fu coinvolta a Roma dopo l’accusa di stupro rivolta al pittore Agostino Tassi.
Questo drammatico fatto, che si concluse con la prevedibile umiliazione di Artemisia, è documentato ed oggi è spesso citato come caso simbolo delle violenze a cui sono state sottoposte per secoli le donne.

Sfortunatamente questo episodio offuscò in parte i risultati artistici di Artemisia, che per molto tempo fu considerata una curiosità. Per fortuna i lavori della pittrice in seguito sono stati rivalutati e l’artista è stata riconosciuta come una delle pittrici più progressiste della sua generazione.

Nei suoi lavori Artemisia sembra trasferire la sua esperienza direttamente sulla tela. I suoi dipinti rappresentano donne forti e sofferenti della mitologia e della Bibbia – sono vittime, suicide e guerriere. Sembra che Artemisia sia stata molto colpita dalla storia di Giuditta, rappresentata in due opere conservate oggi alla Galleria degli Uffizi.

In “Giuditta che decapita Oloferne” (esposta nella Sala 81 insieme a Caravaggio), l’eroina della Bibbia Giuditta, esempio di virtù e castità, viene rappresentata nell’atto di tagliare la testa del nemico Oloferne, condottiero assiro da lei ingannato con la seduzione pur mantenendo salva la propria purezza.
La tela fu probabilmente dipinta per Cosimo II de’ Medici e completata a Roma appena dopo il ritorno di Artemisia, dopo sette anni passati a Firenze. Si legge sulla parte inferiore dell’opera “Ergo Artemitia Lomi Fec.”.
Per la sua violenza l’opera fu confinata in un angolo nascosto di Palazzo Pitti e solo dopo la morte di Cosimo II Artemisia fu pagata per il suo lavoro, grazie all’aiuto ed alla mediazione dell’amico Galileo.

Agli Uffizi potrete ammirare anche un’altro capolavoro di Artemisia Gentileschi, “Santa Caterina d’Alessandria”, di dimensioni più piccole rispetto a “Giuditta ed Oloferne”. In diverse opere dell’artista, le eroine dipinte da Artemisia ricordano molto ai suoi autoritratti ed anche nell’opera “Santa Caterina d’Alessandria” troviamo molta somiglianza.
Ritornando alla storia di Giuditta, l’opera di Artemisia “Giuditta e la sua ancella” è esposta nella vicina Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

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